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CASSAZIONE CIVILE Motivi di ricorso in genere

CASSAZIONE CIVILE Motivi di ricorso questioni di fatto e apprezzamenti di merito

CONSULENZA TECNICA IN MATERIA CIVILE (PERIZIA) Poteri del giudice valutazione della consulenza

DANNI Patrimoniali e non patrimoniali non patrimoniali (morali)

Cassazione civile , sez. III, 30 aprile 2009, n. 10123

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo italiano


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto - Presidente -
Dott. UCCELLA Fulvio - Consigliere -
Dott. SEGRETO Antonio - rel. Consigliere -
Dott. AMATUCCI Alfonso - Consigliere -
Dott. SPAGNA MUSSO Bruno - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso 17727/2005 proposto da:
R.C. di F. e R.C. di M.,
elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEGLI SCIALOJA 6, presso lo
studio dell'avvocato OTTAVI Luigi, che li rappresenta e difende
unitamente agli avvocati TROIANIELLO GERARDO, TROIANIELLO IMMACOLATA
2009 giusta procura in calce al ricorso;
- ricorrenti -
contro
GENERALI ASSICURAZIONI SPA in persona dei Suoi legali rappresentanti
e procuratori speciali Dott. C.T. e Rag. R.
G., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA LOTARIO 8,
presso lo studio dell'avvocato GURGO ANTONIO, rappresentata e difesa
dall'avvocato AUGERI Erasmo giusta procura a margine del
controricorso;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 1795/2004 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI,
Quarta Sezione Civile, emessa il 12/05/04, depositata il 28/05/2004;
R.G.N. 845/02;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del
01/04/2009 dal Consigliere Dott. ANTONIO SEGRETO;
udito l'Avvocato LUIGI OTTAVI;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.
VELARDI Maurizio, che ha concluso per l'accoglimento dei primi tre
motivi e il rigetto degli altri motivi di ricorso.


Fatto

R.C. di M. e R.C. di F. proponevano appello avverso la sentenza del tribunale di Napoli n. 1224/2001, con cui, in parziale accoglimento della loro domanda, la s.p.a. Generali Assicurazioni quale impresa designata per il Fondo di Garanzia Vittime della Strada veniva condannata al risarcimento dei danni per L. 5.750.000, in favore del primo e L. 16750.000, in favore del secondo,oltre agli interessi ed alle spese processuali a seguito di incidente stradale causato da autoveicolo rimasto sconosciuto.
La Corte di appello di Napoli, adita dagli attori, con sentenza n. 1795/2004, condannava la convenuta al pagamento della somma di ulteriori Euro 2583,00 in favore di R.C. di F. per il danno morale, avendo questi riportato un'invalidità del 12%, mentre riteneva insussistente tale danno in relazione all'altro appellante. Il giudice di appello confermava nel resto l'impugnata sentenza, in particolare in relazione al ritenuto concorso di colpa (non essendo accertato il comportamento del conducente della Vespa, su cui erano i due attori), nonchè in relazione alla liquidazione del danno biologico ed al calcolo degli interessi, effettuato in conformità ai criteri equitativi indicati dalla S.C..
Avverso questa sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli attori.
Resiste con controricorso la convenuta s.p.a. Generali Assicurazioni.

Diritto

1.1. Con il primo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano l'insufficiente e contraddittoria motivazione dell'impugnata sentenza, circa un punto decisivo della controversia e violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c..
Ritengono i ricorrenti che erroneamente il giudice ha ritenuto sussistente il concorso di colpa, mentre nella fattispecie, trattandosi di tamponamento doveva essere affermata l'esclusiva responsabilità dell'auto pirata, come emergeva anche dalle deposizioni testimoniali.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione e falsa applicazione degli artt. 2054 e 2697 c.c. e dell'art. 149 C.d.S., il travisamento dei fatti, la violazione e falsa applicazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. e dell'art. 111 Cost..
I ricorrenti ribadiscono che la ricostruzione dell'incidente è stata erroneamente effettuata dal giudice di appello, dovendosi escludere il concorso di colpa, vertendosi in ipotesi di tamponamento.
2.1. I due motivi, essendo strettamente connessi, vanno esaminati congiuntamente.
Essi sono infondati e vanno rigettati.
Infatti, come costantemente; affermato da questa Corte, in tema di responsabilità da sinistri derivanti dalla circolazione stradale, l'apprezzamento del giudice del merito in ordine alla ricostruzione delle modalità di un incidente e al comportamento delle persone alla guida dei veicoli in esso coinvolti si concreta in un giudizio di mero fatto che resta insindacabile in sede di legittimità, quando sia adeguatamente motivato e immune da vizi logici e da errori giuridici (Cass. 2/03/2004, n. 4186; Cass. 25/02/2004, n. 3803; Cass. 30/01/2004, n. 1758; Cass. 05/04/2003, n. 5375).
Nella fattispecie correttamente il giudice di merito ha ritenuto che la mancanza di ogni elemento in merito al comportamento del conducente del motociclo Vespa, della posizione dello stesso e se lo stesso fosse in movimento o fermo, induceva a ritenere non superata la presunzione di colpa di cui all'art. 2054 c.c..
2.2. Quanto all'erronea valutazione delle prove testimoniali, va osservato che la censura secondo cui la ricostruzione dell'incidente, come effettuata dalla corte di merito, è in contrasto con le risultanze probatorie, si risolve in una censura di travisamento del fatto. Il travisamento del fatto non può costituire motivo di ricorso per cassazione, poichè, risolvendosi in un'inesatta percezione da parte del giudice di circostanze presupposte come sicura base del suo ragionamento, in contrasto con quanto risulta dagli atti del processo, costituisce un errore denunciabile con il mezzo della revocazione ex art. 395 c.p.c., n. 4 (Cass. 30.1.2003, n. 1512; Cass. 27.1.2003, n. 1202; Cass. n. 1143 del 2003).
3. Con il terzo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che il giudice di appello ha violato all'art. 2059 c.c. e artt. 112 e 115 c.p.c., nel riconoscere il risarcimento del danno solo a R. C. di F., negandolo a R.C. di M. e ciò in modo contraddittorio.
4. Con il quarto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 32 Cost., per il mancato riconoscimento del danno non patrimoniale, insufficiente e contraddittoria motivazione ex art. 360 c.p.c., n. 5, la violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c., in relazione alla liquidazione del danno biologico.
I ricorrenti lamentano che il danno alla vita di relazione, il danno estetico ed il danno esistenziale non siano stati liquidati autonomamente dal danno biologico.
5. I due motivi, da esaminarsi congiuntamente, sono infondati.
Le S.U. di questa Corte con sentenza 11 novembre 2008 n. 26972 (di contenuto identico ad altre tre sentenze, tutte depositate contestualmente) hanno non solo composto i precedenti contrasti sulla risarcibilità del c.d. danno esistenziale, ma hanno anche più in generale riesaminato approfonditamente i presupposti ed il contenuto della nozione di "danno non patrimoniale" di cui all'art. 2059 c.c..
La sentenza ha innanzitutto ribadito che il danno non patrimoniale è risarcibile nei soli casi previsti dalla legge, i quali si dividono in due gruppi: le ipotesi in cui la risarcibilità è prevista in modo espresso (ad es., nel caso in cui il fatto illecito integri gli estremi di un reato); e quella in cui la risarcibilità del danno in esame, pur non essendo espressamente prevista da una norma di legge ad hoc, deve ammettersi sulla base di una interpretazione costituzionalmente orientata dell'art. 2059 c.c., per avere il fatto illecito vulnerato in modo grave un diritto della persona direttamente tutelato dalla Costituzione.
La sentenza è quindi passata ad esaminare il contenuto della nozione di danno non patrimoniale, stabilendo che quest'ultimo costituisce una categoria ampia ed omnicomprensiva, all'interno della quale non è possibile ritagliare ulteriori sottocategorie, se non con valenza meramente descrittiva. Il danno biologico, all'interno del quale vanno posti anche il danno alla vita di relazione ed il danno estetico, comprende anche il danno c.d. morale.
E', pertanto, scorretto e non conforme al dettato normativo pretendere di distinguere il c.d. "danno morale soggettivo", inteso quale sofferenza psichica, dagli altri danni non patrimoniali: la sofferenza morale non è che uno dei molteplici aspetti di cui il giudice deve tenere conto nella liquidazione dell'unico ed unitario danno non patrimoniale, e non un pregiudizio a sè stante.
Da questo principio è stato tratto il corollario che non è ammissibile nel nostro ordinamento la concepibilità d'un danno definito "esistenziale", inteso quale la perdita del fare areddituale della persona. Una simile perdita, ove causata da un fatto illecito lesivo di un diritto della persona costituzionalmente garantito, costituisce nè più nè meno che un ordinario danno non patrimoniale, di per sè risarcibile ex art. 2059 c.c., e che non può essere liquidato separatamente sol perchè diversamente denominato.
Quando, per contro, un pregiudizio del tipo definito in dottrina "esistenziale" sia causato da condotte che non siano lesive di specifici diritti della persona costituzionalmente garantiti, esso sarà irrisarcibile, giusta la limitazione di cui all'art. 2059 c.c..
Le S.U. hanno altresì statuito che non è possibile affermare l'esistenza di un danno non patrimoniale in re ipsa, con la conseguenza che di esso sarà fornita prova, anche se la parte potrà avvalersi della prova presuntiva.
6. Nella fattispecie, quindi, correttamente e con congrua motivazione il giudice di appello ha ritenuto che per il ricorrente R. C. di M., essendovi solo un danno biologico da invalidità micropermanente del 4%, non vi erano elementi per far ritenere: che lo stesso avesse subito anche sofferenze morali da liquidare sotto la categoria, all'epoca prevista, del danno morale (ed oggi rientrante nell'unica categoria del danno non patrimoniale), contrariamente all'altro appellante, che aveva riportato un'invalidità del 12%.
7. Con il quinto motivo di ricorso i ricorrenti lamentano l'omessa motivazione sui quesiti non accolti dal perito d'ufficio ed il rifiuto di rinnovo delle operazioni peritali.
Assumono i ricorrenti che il giudice di appello erratamente non ha tenuto conto delle censure mosse alla relazione di consulenza, sulla quale si era acriticamente fondato.
8. Il motivo è infondato.
Le critiche mosse alle conclusioni del consulente sono state, infatti, oggetto di un supplemento di consulenza.
Il giudice del merito, quando aderisce alle conclusioni del consulente tecnico che nella relazione abbia tenuto conto, replicandovi, ai rilievi dei consulenti di parte, esaurisce l'obbligo della motivazione con l'indicazione delle fonti del suo convincimento; non è quindi necessario che egli si soffermi sulle contrarie deduzioni dei consulenti di fiducia che, anche se non espressamente confutate, restano implicitamente disattese perchè incompatibili con le argomentazioni accolte. Le critiche di parte, che tendano al riesame degli elementi di giudizio già valutati dal consulente tecnico, si risolvono in tal caso in mere allegazioni difensive, che non possono configurare il vizio di motivazione previsto dall'art. 360 c.p.c., n. 5 (Cass. 13/09/2000, n. 12080).
9. Con il sesto motive di ricorso, i ricorrenti lamentano la violazione dell'art. 2056 c.c. e art. 1219 c.c., per non aver il giudice di appello riconosciuto gli interessi moratori a norma dell'art. 1219 c.c..
10. Il motivo è infondato.
In tema di obbligazione risarcitoria da fatto illecito, che costituisce tipico debito di valore, è dovuto al danneggiato anche il risarcimento del danno da ritardo conseguente alla mancata disponibilità per impieghi remunerativi della somma di denaro in cui il suddetto debito viene liquidato, da corrispondersi mediante interessi compensativi, da calcolarsi secondo i criteri fissati da Cass., Sez. Un., n. 1712 del 1995 secondo cui gli interessi - ad un tasso non necessariamente corrispondente a quello legale vanno calcolati alla data del fatto non già sulla somma rivalutata bensì con riferimento ai singoli momenti riguardo ai quali la somma - equivalente al bene perduto - si incrementa nominalmente in base ad un indice medio, in quest'ultimo caso risultando corretti sia il metodo di calcolo degli interessi dalla data del fatto sull'importo costituito dalla media tra il credito originario e quello risultato dalla rivalutazione, sia quello che pone come base di calcolo il credito originario rivalutato secondo un indice medio (Cass. 23/02/2005, n. 3747; Cass. 16/11/2005, n. 23225).
A questi criteri si è attenuto il giudice di primo grado, come rilevato dal giudice di appello.
11. Con il settimo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano l'insufficiente liquidazione delle spese legali di primo e di secondo grado, con violazione dei minimi tariffari.
12. Il motivo è inammissibile.
In sede di ricorso per cassazione la determinazione del giudice di merito relativa alla liquidazione delle spese processuali può essere censurata solo attraverso la specificazione delle voci in ordine alle quali lo stesso giudice sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che il mero riferimento a prestazioni che sarebbero state riconosciute in violazione della tariffa massima, senza la puntuale esposizione delle voci in concreto liquidate dal giudice, è da qualificarsi generico, con derivante inammissibilità dell'inerente motivo (Cass. 27/10/2005, n. 20904; Cass. 19/04/2006, n. 9082).
Nella fattispecie manca appunto la specificazione delle voci in concreto indicate nella nota spese e vengono riportate solo le somme totali relative ai diritti, agli onorari ed alle spese per ogni grado del processo di merito.
13. Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Esistono giusti motivi (segnatamente l'essere stato l'intervento nomofilattico di Cass. S.U. n. 26972/08 successivo alla proposizione del ricorso) per compensare per intero tra le parti le spese processuali.

P.Q.M

Rigetta il ricorso. Compensa le spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 1 aprile 2009.
Depositato in Cancelleria il 30 aprile 2009

Codice Civile (1942) art. 2043
Codice Civile (1942) art. 2054
Codice Civile (1942) art. 2059
Codice Procedura Civile art. 116
Codice Procedura Civile art. 360
Codice Procedura Civile art. 395
Codice Procedura Civile art. 61



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