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6 dicembre II Incontro del ciclo di conferenze Il consolidamento degli edifici storici. Temi e prospettive

Il 6 dicembre alle ore 14.30, presso l'Aula magna di Architettura, si terrà il secondo incontro del Ciclo di conferenze Il consolidamento degli edifici storici. Temi e prospettive.

Nata all’interno del corso di consolidamento degli edifici storici del corso di laurea magistrale in Architettura-Restauro del Dipartimento PAU, l’iniziativa, in collaborazione con l’Ordine degli architetti della provincia di Reggio Calabria, intende portare l’attenzione di studenti e professionisti architetti e ingegneri, sul tema complesso del rinforzo strutturale dell’edilizia storica con particolare riferimento alla sicurezza sismica. Il ciclo di conferenze che vede coinvolti docenti universitari con grande esperienza nel settore, si incentrerà sul rapporto, piuttosto controverso, tra sicurezza strutturale e rispetto dei valori autentici degli edifici su cui intervenire e dunque al rapporto fra progetto di consolidamento e progetto di restauro di un dato edificio.

Partendo da casi concreti, i contributi toccano alcuni aspetti nodali quali i metodi di indagine per l’individuazione dei meccanismi di danno, la resistenza meccanica e le tecniche di consolidamento di archi e volte, il monitoraggio preventivo e le indagini preliminari, il consolidamento delle strutture lignee e di quelle in calcestruzzo armato.
L’altro aspetto attiene invece l’influenza della normativa (Norme tecniche di costruzione, normativa antisismica con particolare riferimento all’applicazione nell’ambito dell’edilizia storica, ecc.) sulle pratiche di intervento e sul rapporto tra tecniche innovative e tradizionali nel rinforzo strutturale e, di conseguenza, del progetto di restauro di cui il primo è parte essenziale.

Il primo incontro si è tenuto il 21 novembre.

Dopo l'Introduzione del responsabile scientifico, la professoressa Annunziata Maria Oteri, l'incontro ha in programma due interventi:

Architettura storica e terremoti. Imparare dal passato: il caso del duomo di Parma

Eva Coïsson, Università degli Studi di Parma

La recente Direttiva 2011, contenente le Linee Guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale, indica chiaramente come il comportamento sismico delle chiese e di tutte le strutture con grandi aule vada interpretato attraverso la loro scomposizione in porzioni architettoniche (macroelementi), caratterizzate da una risposta strutturale sostanzialmente autonoma rispetto alla chiesa nel suo complesso (facciata, aula, abside, campanile, cupola, arco trionfale, ecc.). L'identificazione di questi macroelementi è quindi un primo passo essenziale per valutare la sicurezza sismica di un monumento di questo tipo ed eventualmente progettare un intervento di consolidamento. I macroelementi devono essere individuati attraverso un apposito studio sulla storia sismica dell'edificio, che metta in evidenza i danni subiti in occasione dei principali terremoti e li metta in relazione ai meccanismi di danno.

Ovviamente si tratta di una indagine storica mirata, da effettuarsi con tutti i mezzi a disposizione, dall’indagine archivistica ai rilievi sull’edificio. Sul monumento, sui suoi materiali, sulle sue tecniche costruttive, nelle tracce lasciate dal tempo, si possono infatti trovare informazioni basilari per comprendere il comportamento sismico di un edificio. E non si tratta di un comportamento sismico «ipotetico», come quello che si può prevedere con un modello numerico, ma di un comportamento reale, già manifestato in passato nel corso di un esperimento in scala uno a uno.

Attraverso l’analisi della millenaria storia del duomo di Parma, costellata di costruzioni, crolli, ricostruzioni, danni e riparazioni, la presentazione illustra una applicazione di questo metodo empirico-sperimentale, che fonda la comprensione del comportamento sismico dell’edificio sulla sua reale risposta agli eventi del passato, in una sorta di continuità operativa con i tecnici pre-ottocenteschi, che proprio sullo studio degli edifici del passato basavano le proprie progettazioni e dall’esperienza dei danni subiti traevano indicazioni per i necessari interventi.

Il consolidamento di archi, volte e cupole: l’esempio di Santa Maria del Fiore a Firenze

Federica Ottoni, Università degli Studi di Parma

Per secoli gli archi – così come le volte e le cupole (che ne costituiscono la diretta evoluzione) – hanno rappresentato la migliore soluzione costruttiva per il materiale “muratura”, proprio in virtù del perfetto funzionamento a compressione alla base della loro stabilità e, in accordo con Choisy, la storia dell’architettura può in effetti vedersi come quella delle diverse soluzioni (stilistiche e dimensionali) che sono state date nel tempo a questi particolari elementi costruttivi. La questione in fondo è rimasta sempre la stessa: trovare la forma che ne garantisse la stabilità e ne limitasse il “tranello” più o meno nascosto, evitando la spinta sulle strutture di sostegno e, più in generale, la formazione di stati tensionali di trazione ineliminabili alla base.

Una volta fissato il problema, con metodi a metà tra dimensionamento proporzionale e calcolo, è possibile allargare l’indagine alle diverse soluzioni di consolidamento possibili, nell’ottica del rispetto del comportamento strutturale e della conservazione, che spesso coincidono. Il caso della lunga storia della Cupola di Santa Maria del Fiore diventa in questo senso un pretesto per dimostrare, da un lato la conoscenza costruttiva alla base della creazione delle grandi cupole in muratura e, dall’altro, la definizione di possibili criteri d’intervento a partire dall’osservazione del danno.

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